Emisfero sud: estate in Nuova Zelanda
Quando cercavo una svolta e laggiù fu dove la trovai, in quella lontanissima altra parte del mondo
La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso; e lo Spirito di DIO aleggiava sulla superficie delle acque. Poi DIO disse: “Sia la luce!” E la luce fu.
📜 Genesi 1: 2-3
“Non ho mai visto un diamante indossato dal vero
Ho una gran cultura di anelli nuziali visti nei film
E non vado orgogliosa del mio indirizzo…”
🎼 Lorde - Royals
Era il 1993, ed io la tipica ragazza di città curiosa di vedere altre città. Degli stranieri ammiravo la grande compostezza, mentre io mi vedevo come una povera italiana troppo emotiva e timorosa di fare figuracce. Studiavo inglese perché le lingue erano la mia vocazione, ma parlare inglese era anche “cool” (mitico).
Oggi la situazione si è ribaltata. Non sono rimasta a vivere in un angolo, ma ho intrapreso un viaggio di esplorazione ben più lungo di un volo di 22 ore. Oggi sono più che mai cosciente del mio potenziale espressivo, e che la vera libertà non è quella che ci costringe in una fredda compostezza.
Quell’estate passata in Nuova Zelanda ha segnato una svolta decisiva, perché ha aggiunto alla mia naturale voglia di vivere uno spiraglio di Luce e di nuove speranze, culminate poi nella nuova nascita in Cristo. Ne conservo un ricordo dettagliato, come se tutto fosse accaduto appena ieri.
Non avrei potuto vivere laggiù, perché ho bisogno di vedere un museo, una mostra, un centro storico, o anche solo di entrare in un ristorante. In Nuova Zelanda la vita è soprattutto rurale, e la gente di mentalità più conservatrice; tendono a volersi differenziare dalla vicina Australia persino nel modo di pronunciare determinate parole.
Nuova Zelanda vuol dire un posto da sogno, lontanissimo, in cui stai il tempo che ti è concesso, poi quando vai via non sai se mai ci sarà occasione di rivedersi. E vuol dire molti contrari. Un’estate “saltata”, e la constatazione che la neve può cadere anche in agosto! Le stagioni nell’emisfero sud sono infatti invertite. Sud laggiù vuol dire freddo. Più si va a nord più fa caldo. Alzi gli occhi al cielo e vedi stelle diverse. In particolare ci sono quattro stelle che formano una croce, e sono anche sulla bandiera. La mia isola era quella più “lontana”, quella del sud, che in alcuni punti mostra il mare più mosso del mondo per via di una corrente che giunge dall’Antartide senza incontrare ostacoli.
Un viaggio che si può fare anche non stop, per un totale di minimo 22 ore. Ma a me sembrava troppo, preferivo una sosta a metà strada. Mi è toccata una notte in un albergo di Singapore, città-stato del sud-est asiatico, con quartieri poveri alternati a grattacieli di centri commerciali. Un contrasto più acuto di quello che si vede in Europa. Mi si sono persino gonfiati i piedi per il caldo soffocante... Quella sera mi sono goduta un bel bagno nella piscina dell’albergo, tutta per me. Il giorno dopo mi attendeva un volo diretto a Christchurch di 9 ore, dopo le 11 trascorse in provenienza da Roma.
All’arrivo sono stata accolta da due ragazze del Living Springs Camping Centre, un centro nei dintorni della città, immerso completamente nella natura. Ricordo un verso particolare di uccello, che io avevo scambiato per il motivetto di una slot-machine! Ricordo che la finestra della casa dove ero ospitata dava su un fiordo. Ricordo con grande emozione anche Benji, “vegliardo” labrador di 20 anni…
La prima ragazza che mi aveva salutato si chiamava Krista, aveva 19 anni ed era di carattere molto allegro, al punto che mi fece sentire quanto io avrei voluto diventare come lei. L’altra ragazza era una volontaria svizzera, che parlava italiano e che avevano portato nel caso io non fossi stata in grado di esprimermi in inglese.
La mia stanza era davvero un bugigattolo, in cui il solo letto occupava l’80% della superficie. Avevo giusto un minimo di armadio ed una bella coperta elettrica, come era d’uso, non so se sia ancora così. Ma a me non importava la dimensione della stanza, le mie priorità erano tutte votate al vivere. Ero in un paese di lingua inglese per sciogliermi nella lingua, ma non ho mai dato a queste necessità pratiche un’importanza oltremisura; prima di tutto vengono sempre le novità del luogo, le persone che si conoscono, le esperienze che ti arricchiscono. Cosa non facile da far capire, infatti tornando a casa e raccontate le cose salienti, non c’è stata una vera condivisione. Non condividevo più di tanto anche perché era raro trovare qualcuno orientato su significati oltre la superficie.
Quindi qualunque stanza, purché in condizioni, andava bene. Ricordo i miei momenti di relax notturni ben coperta ad ascoltare Enya, quella sua musica voce diretta della natura. Lontana da un viavai di gente che si organizza in attività, in costante dipendenza dall’orologio, alla tal ora devo andare… sbrigati che sennò facciamo tardi… domattina mi devo alzare presto…
In natura è tutto diverso. Vero è che nel centro avevo anch’io un orario, ma non in stile catena di montaggio con rumori di macchine o di azioni specifiche. Lontanissima da questo modo di intendere il lavoro, facevo la ragazza delle pulizie in mezzo alla natura. Quando tempo dopo uscirà la trilogia del Signore degli Anelli, girata proprio in Nuova Zelanda, mi ritornerà familiare questo rapporto diretto senza intermediazione di sistemi umani.
Per fare un giro a Christchurch ho dovuto accordarmi per un passaggio andata e ritorno in macchina. Ricordo le belle villette una a fianco all’altra, il museo dei Maori (gli indigeni), e il più gran cappuccino mai sorseggiato! Era il periodo della giovinezza, e mi piaceva girare per le vie e curiosare nelle vetrine dei negozi.
Un giorno avvenne un fatto degno di nota. Avevo messo 20 dollari nel borsellino, ma non li trovavo più... forse - ho pensato - li avrò già spesi... Poco dopo invece ebbi la conferma che erano spariti. Nella mente prese corpo il pensiero che fosse stato Corey, il volontario di cucina che dormiva nella stanza accanto alla mia. Non avevamo chiavi, quindi chiunque avrebbe potuto aprire la porta e prendere i soldi. Ma ero giovane in tutto, e il fatto di trovarmi in un ambiente cristiano, mi fece biasimare me stessa anche solo per pensare a uno di loro che, mentre sono fuori, entra e rovista nel mio borsellino. Qualcuno era sì entrato, ma non poteva essere questa gente. Lo raccontai, ma non mi sarei mai aspettata che facessero poi una colletta per restituirmeli!!
Dimenticato il fatto, lo stesso tornò poi in auge quando la cosa si era ripetuta con un gruppo ospite che aveva denunciato certi soldi spariti. Seppi tutto solo alla fine, e rimasi di nuovo a bocca aperta quando scoprirono che l’autore dei furti era proprio Corey! Le mie idee erano evidentemente schematiche: il cristiano non ruba, punto. Non sapevo ancora quanto la questione fosse molto più complessa, e quel ragazzo era solo un volontario, poteva anche non essere dei loro. Ma quello che mi fece trasalire era che il pensiero che mi ero trovata in mente… era vero!! E che l’investigazione interna messa in atto, in barba al mio scetticismo, era andata a buon fine! Avvertii come un contraccolpo alle mie convinzioni, la mia ragione appariva spicciola in confronto a quello che può succedere, e che quindi credere si può.
Fui oggetto di un altro “furto”, questa volta del mio costume da bagno appeso, che una ragazza australiana ospite doveva aver interpretato come “disponibile”, e che perciò (deduco) se lo sarà messo e portato via! Cose che danno fastidio, ma che derivano da uno scontro di mentalità, non da ladrocinio, io lo capivo. Ma mi mordevo anche la lingua…
Tornando alla natura, rimanere da sola in quelle ore di lavoro favoriva in me la meditazione, oltre al beneficio di poter respirare un’aria pulita. Ero fra cristiani, e io volevo stare in un ambiente così perché mi dava la certezza che non mi sarei trovata per esempio con un ubriaco in casa, per questo non avevo scelto sistemazioni in famiglia ma un’organizzazione con regole di convivenza garantite. L’anno prima avevo soggiornato negli Stati Uniti, nel South Dakota, in un monastero di suore benedettine, in cui ero stata meravigliosamente, e avevo scoperto che il mondo è molto più bello fuori di casa.
Le suore del monastero di Watertown vestivano infatti abiti di tutti i giorni ed erano promotrici di un grande impegno fra gli indiani. Fu per me l’occasione di assistere ad un pow-wow, uno dei loro raduni annuali, e di vedere davanti ai miei occhi le stesse scene di Balla coi Lupi. Ma io ero partita senza sapere che avrei poi trovato cose così…
Cristiano per me non era ancora “dare il cuore a Dio”, come quel giorno mi raccontò di sé Michael, il mio capo a Living Springs, originario d’Australia. Quella frase mi colpì come una completa novità. Cristiano era la mia idea della comune chiesa di Roma, la funzione noiosa e il dovere di non fare questo o quello, ma anche cose buone come il non rubare, il non uccidere, anche se mi tenevo a una certa distanza, perché religione voleva dire comunque una qualche opera di convincimento, e il fatto che preti e suore non possano sposarsi mi suonava come una limitazione delle libertà personali. Proprio la libertà è per me come la mia stessa vita, non ci rinuncerei per niente al mondo. Io le cose le capivo così.
Nella natura, mi sono accorta della Natura. Ho cominciato a percepire che la Natura ci sovrasta, che è casa nostra, che è più alta di noi. In quelle poche conversazioni spontanee con Michael io dicevo che non ero contro Dio ma non sentivo niente a riguardo, mentre mi accorgevo della Natura. Fui ancora sorpresa quando mi rispose che proprio quella era la strada: accorgersi prima di tutto di quello che Dio ha creato. Evidentemente avevo un’infarinatura religiosa, una sorta di pensiero asettico.
Per il resto la vita in quei tre mesi fu assolutamente normale, mi diedero anche il permesso di andare a conoscere un’amica di penna a Blenheim, con la quale sono poi andata in gita nella capitale Wellington. Ma fui ferita dalla leggerezza di quella società, e invece di godere della gita cominciai a sentire nostalgia del mio paese, in certi momenti fino alle lacrime. A Living Springs non era tutto rose e fiori, c’erano cose che mi andavano e cose che mi davano fastidio, anche il carattere in stile inglese è insopportabilmente distante; ma era un ambiente vivibile, non si sentivano parolacce in continuazione. Per cui non le scrissi più.
Verso la fine del mio soggiorno sentii che mi si aprivano nuove speranze. Però tornare coi miei fu uno shock, di nuovo nella prigione della famiglia. Dovevo fare qualcosa, e subito. Presi la Bibbia e cominciai a leggerla. Ed ecco finalmente comparire le prime luci in tanto buio.
Credo di aver vissuto un’esperienza davvero atipica, molto fuori dal comune. Una vita fra gente normale, con pregi e difetti, ma credenti. Col tempo ho maturato un approccio rispettoso dell’altro e del suo contesto individuale, proprio in virtù del fatto che non è stato in una chiesa che ho trovato Dio.
Non dice, del resto, la Parola stessa: “Ecco, Io faccio una cosa nuova”?
📕 LIBRO
Non lo sapevo ancora ma dentro di me avevo stanze vuote, quelle parti dell’anima che gridano in noi di ritornare a Dio. Niente di quello che è accaduto nella mia vita è stato per caso, e niente alla fine è avvenuto perché io l’abbia deciso o pianificato da me. Ha senso credere nella vita di oggi? Sì. A esistere soltanto per sopravvivere siamo sempre in …